Montecalvo Irpino - Cultura e Tradizione
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“Sono scampato ai forni crematori nazisti”

Scritto da Redazione
Categoria: Attualità
Pubblicato: 08 Giugno 2022

Era il 1943 quando Giuseppe Pucino all'età di 22 anni viene catturato dai tedeschi, definito IMI internato militare Italiano, e portato nel campo di concentramento in Germania. Giuseppe trascorre 5 anni della sua vita tra la guerra e il campo di concentramento fino a quando non ritorna a Montecalvo. Giuseppe è uno degli ultimi ancora in vita a poter raccontare le atrocità dell'Olocausto. A 99 anni, Giuseppe è stato insignito, da parte del Prefetto di Avellino Maria Tirone, della medaglia d’onore concessa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a quei cittadini irpini deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. La testimonianza di Giuseppe è preziosa, i suoi occhi rivivono come se fosse oggi l’olocausto, gli occhi di un uomo segnati da quegli avvenimenti custodiscono il ricordo doloroso che lega il passato al presente, 

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Benvenuto a Montecalvo Irpino - Ai Montecalvesi e agli Irpini nel mondo

Scritto da Alfonso Caccese
Categoria: Attualità
Pubblicato: 17 Aprile 2022

Montecalvo Irpino, tra Benevento e Avellino, è uno dei tanti paesi del sud dove la miseria, l'emigrazione, hanno consumato, quotidianamente , la forza e la voglia di fare. Ma tutto questo non ha impedito a Montecalvo di far ascoltare la propria voce. Come spesso succede, a chi è costretto ad abbandonare la propria terra, rimangono i suoni uditi e passati tra le mura domestiche,nella piazza del paese, nei campi. Suoni e rumori che rimangono intatti nella memoria, ritornando costantemente alla luce nei momenti in cui ognuno deve fare i conti con se stesso. Andare a ricomporre la memoria collettiva,riconquistare la lingua delle proprie origini significa infondere e dar coraggio, ma sopratutto riconsegnare, a chi l'aveva perduta,la sua giusta appartenenza ad una civiltà antica degna di rispetto pregna di atavica nobiltà. 

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Quarantesimo della morte di don Carlo Lombardi

Scritto da Redazione
Categoria: Storia
Pubblicato: 06 Marzo 2022

Ricorre quest’anno il quarantesimo anniversario della morte di don Carlo Lombardi, parroco della Parrocchia di Santa Maria della Verità al rione Triggio in Benevento.

Fu barbaramente ucciso all’interno della casa canonica, pagò la sua missione pastorale e civile al servizio dei più fragili di quella comunità dove il malessere e il

disagio sfidavano la quotidianità delle famiglie. I giovani ne pagavano il prezzo più alto. Don Carlo guardò in quella direzione proponendo azioni e parole nuove e di riscatto.

La sua figura e la sua azione evangelica restano nella memoria della città che lo iscrive tra i suoi figli più cari, testimone della carità e della civiltà.

Venerdì 4 marzo presso la chiesa di Santa Maria della Verità, alle ore 18.30, l’arcivescovo monsignor Felice Accrocca celebrerà una santa messa di suffragio.

Subito dopo, alle 19.15, il sindaco Clemente Mastella insieme a tanti cittadini e rappresentanti di associazioni e movimenti, parteciperanno alla cerimonia di intitolazione della piazzetta antistante la chiesa al compianto sacerdote.

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Don Carlo Lombardi, una piazza per il parroco eroe a Benevento

Scritto da Nico De Vincentiis dal Mattino- Venerdì 4 Marzo 2022
Categoria: Storia
Pubblicato: 04 Marzo 2022

Al rione Triggio di Benevento, nei primi anni '80 ancora simbolo dell’emarginazione popolare, il sacerdote don Carlo Lombardi si affannava nel compito evangelico della ricostruzione materiale e spirituale dei suoi fedeli.

Don Carlo guardò in quella direzione proponendo azioni e parole nuove e di riscatto.

Nella notte del 4 marzo 1982 fu sorpreso da tre individui che si erano introdotti nella canonica forse per compiere un furto, o più probabilmente – come riportò la stampa dell’epoca -, per intimidire quel prete che era entrato da missionario nelle loro vite alle quali indicare traiettorie diverse da quelle intraprese. Fu immobilizzato, legato e imbavagliato: i piedi avvolti da un filo di ferro, le mani e la testa strette da pezzi di stoffa e paramenti sacri che lo soffocarono. L’uomo della «primavera del Triggio» (lo avevano soprannominato San Giovanni Bosco) fu sepolto nel suo paese natale, Morcone, e oggi riposa nella chiesa cittadina del Triggio.È considerato tra i testimoni di carità e di civiltà della città di Benevento.

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Addio a Josip Osti, l’amore assurdo e la contestazione

Scritto da Gianluca Paciucci ( Il Manifesto)
Categoria: Cultura
Pubblicato: 29 Ottobre 2021

Josip Osti, poeta nato a Sarajevo nel 1945 e morto a Tomaj (Carso sloveno) sabato scorso dopo una lotta di sette anni contro un tumore, è stato uno dei più importanti poeti jugoslavi della generazione emersa tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso, ma attivissimo ancora nello spazio balcanico – e non solo – dopo la dissoluzione del suo Paese. Capace di scrivere in serbo-croato come in sloveno, in queste lingue non trovava una patria ma una contestazione, nell’uso quotidiano e poetico, di quell’eccesso di patria e patrie di cui il suo mondo è stato vittima.

IN UNO DEI SUOI TESTI più celebri, «Sono un albero che cammina, corre, vola» (poesia raccolta nell’antologia con testo originale a fronte L’albero che cammina, Multimedia edizioni, 2004; traduzioni di Jolka Milic, morta in inizio 2021) Osti così scrive: «Sono un albero che cammina, corre, vola…/ Un albero che cammina sulle mani e si contempla/ nello specchio del cielo. Che corre nudo/ tra i prati, tra due realtà e due sogni./ Che una volta vola sopra Sarajevo e la seconda/ sopra Tomaj. Che tranne l’amore assurdo,/ non ha né patria né paese natío. Che anche/ quando germoglia e fiorisce, non smette di/ appassire e di morire». L’amore assurdo è stata la sua unica patria, e la ragione della sua poesia amaramente condita, negli ultimi decenni, dallo scandalo della guerra.

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A lu funtanìnu di lu Càrminu

Scritto da Angelo Siciliano
Categoria: Tradizioni
Pubblicato: 20 Ottobre 2021

A LU FUNTANÌNU DI LU CÀRMINU

(Alla fontanina di Piazza del Carmine ­

dialetto dell'Ottocento di Montecalvo Irpino) Link del post su Fb 2022:
"Quattu ffémmini munticalivési cu li pann'antichi, una ca fa la cauzètta; tre mmaccatóra e na pannùccia cu lu tuórchju e lu varrìlu 'n capu; li varrìli cu li chjérchja di fierru e chjérchja di lignàmu; lu funtanìnu cu lu pìsciuru". Quattro donne montecalvesi coi costumi antichi, di cui una sferruzza la calza, e una quinta, ritagliata a destra, con la veste intera che nel tempo avrebbe soppiantato i due costumi ottocenteschi; tre donne col fazzolettone, una con la pannuccia col cercine e il barile sul capo, come la donna ritagliata; i barili hanno cerchi in ferro e cerchi in legno accoppiati; la fontana ha un bel getto

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Famiglia Franco

Scritto da Dal Web
Categoria: Attualità
Pubblicato: 07 Ottobre 2021

Le origini dell'antica e nobile famiglia Franco si radicano probabilmente nella presenza politica di Re Guglielmo il Buono sul territorio irpino e che identifica nella figura di Petrus Frànculo (XII sec.), primo feudatario di Mons Calvus (attuale Montecalvo) che insieme a Gugliemo Potofranco per primo amministrò Mons Calvus come riportato nel Catalogo dei Baroni Normanni compilato ai tempi di Guglielmo il Buono e conservato presso l’archivio di Stato di Napoli,  il proprio capostipite.  "Petri Franculi et Guillelini Potifranci - tenent Montem calvum, quod est feudum quatuor militum et Genestram feudum unius militis -
et cum augumento obtullt milites decem".
A seguito della probabile cessione del feudo la famiglia, stanziatasi stabilmente sul territorio montecalvese scelse, probabilmente per motivi di carattere patrimoniale, di non abbandonare la cittadina perpetuando il suo ruolo di riferimento politico per il popolo nei successivi secoli. L’archivio storico della città documenta la presenza stabile della famiglia sul territorio nel corso dei secoli concedendo una traccia ben delineata nella sua linea genealogica principale degli ultimi trecentocinquanta anni.

© Arma della Famiglia Franco dipinta sulla volta d'ingresso del Palazzo di Montecalvo Irpino.

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Parzanese Pietro Paolo

Scritto da Angelo siciliano
Categoria: Attualità
Pubblicato: 07 Ottobre 2021
Nel bicentenario della nascita, dedicata un’importante mostra documentaria al poeta e prelato irpino dell’Ottocento, nato ad Ariano Irpino, ma di padre montecalvese e madre di Grottaminarda. Da ragazzo, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando studiavo ad Ariano Irpino,ricordo che nessun docente ci parlava di Pietro Paolo Parzanese (Ariano di Puglia, come si chiamava allora, 1809 – Napoli, 1852).
Ariano Irpino (AV) –  Ma su di lui, terzo di undici figli tra fratelli e sorelle, tra i contadini montecalvesi, che pure ne avevano scordato le ascendenze paterne, a oltre un secolo dalla sua morte circolava ancora una filastrocca: “Pietru Paulu Parzanese / prèviti, puèta, pittore pittava / palazzi, purcìni, purtèddre, /pavàtu pi pócu prèzzu” (Pietro Paolo Parzanese / prete, poeta, pittore pittava / palazzi, porcili,portelle, / pagato per poco prezzo). È tutto quel riuscivano a raccontare: una facezia scherzosa,“strufètta” in dialetto, o scioglilingua.
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  1. Dialogo con Marko Kravos e Josip Osti.
  2. Sulle orme della famiglia Kravos nel Sud Italia Mario Aucelli nel suo libro anche sugli ex internati
  3. Montecalvo saluta Antonio Stiscia
  4. La " Tarantella Montecalvese"

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