- Scritto da Dott.Antonio Stiscia
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VERGOGNA!
In queste ore di dolorosa sofferenza per la morte di Eluana Englaro,per la prima volta mi sono sentito offeso come uomo e come cittadino.
Da oggi sono meno libero,anzi sono più che mai convinto che lo Stato ha intrapreso una strada pericolosa, e contravvenendo alle regole costituzionali e democratiche ha consentito ad una sparuta minoranza ideologizzata di condizionare l’esistenza di un popolo,di una civiltà che da secoli illumina il mondo. In questa insana voglia di giustificare la diversità(legittima quando naturale),abbiamo perduto di vista l’etica.La morte di Eluana è una ferita aperta,come lo stupro,la violenza ai minori e alle donne,la corruzione e il riciclaggio,le mafie e l’arrivismo, che si alimentano con
- Scritto da Angelo Siciliano
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Di tutti i popoli, di tutte le razze, veniste a noi come fratelli, figli della Spagna immortale, e nei giorni più duri della nostra guerra, quando la capitale della Repubblica spagnola era minacciata, foste voi, valorosi compagni delle Brigate Internazionali, che contribuiste a salvarla con il vostro entusiasmo combattivo, il vostro eroismo e il vostro spirito di sacrificio”. Dolores Ibarruri, la “pasionaria” della guerra di Spagna, in questo modo ringraziò i volontari che formavano le Brigate Internazionali. Ma le parole pronunciate dalla rivoluzionaria spagnola erano un grido di dolore, nel ricordo delle migliaia di caduti che avevano contrastato la sanguinosa avanzata del generale Francisco Franco.
Sulla terra di Spagna, lottando per la libertà, fu versato anche sangue irpino: Giuseppe Cristino, un giovane di Montecalvo si arruolò volontario nelle Brigate Internazionali, ma la sua voglia di giustizia gli riservò un atroce destino.
Nel campo di concentramento di Saragozza, una epidemia di tifo stroncò la sua esistenza terrena.
Correva l’anno 1941.
- Scritto da Alfonso Caccese
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A dieci miglia romane da Benevento in direzione di Eclano, in località del Cubante nelle vicinanze dell'odierna Apice, secondo quando è segnato nella " Tabula Peutingenaria", la via Appia attraversava il Calore su un ponte monumentale, di cui oggi restano le insigni vestigia, per inoltrarsi nella valle dell'Ufita. Questo da testata a testata misurava circa 150 metri ed è a schiena d'asino, con sette piloni di cui tre in acqua e quattro sul terreno. Ogni arco misura 14 metri di luce e 5,5 metri di larghezza. La carreggiata è di circa 4 metri. La struttura del ponte è probabilmente di età Traianea.
La Via Appia fu la prima strada consolare romana costruita in epoca repubblicana, possiede un fascino tutto particolare. Non a caso Papinio Stazio la definisce Regina viarum.
- Scritto da Redazione
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Nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, sotto la casa dove abitava, fu trovato, assassinato, il corpo di Giovanbattista Tedesco, appartenente all’Arma dei Carabinieri. Svolgeva servizio, come capo della vigilanza, all’ITALSIDER, dove allora lavoravano 12.000 persone.
Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto, la facevano da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaramonte, e stilata dal giudice Luciano Violante.
All’Italsider, cioè allo Stato, sempre stralciando dalla citata Relazione, si rubava in quattro modi: con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non – che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi (dell’epoca) al mese, alle compagnie assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.
- Scritto da Prof.Alberto De Lillo
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Il capostipite si chiamava Beniamino, ma al suo arrivo a Montecalvo, agli inizi del 1900, fu subito chiamato Don Beniamino Cucchi. Egli era Amministratore Delegato di una società immobiliare milanese, proprietaria dell’antico feudo di Corsano. Fu mandato a Montecalvo per curare ed amministrare le proprietà terriere della società. Dopo la prima guerra mondiale la società immobiliare di cui Don Beniamino Cucchi era amministratore delegato, fallì e gran parte dei terreni di Corsano furono venduti ai coloni che li conducevano in fitto o a mezzadria. Altri andarono in proprietà allo stesso Don Beniamino. Agli inizi del suo mandato abitava con la moglie, Emma, ed i figli nell’antico castello di Corsano, ma dopo il terremoto del 1930, crollata gran parte del castello, fece costruire, nelle sue vicinanze, delle basse abitazioni con pertinenze agricole e lì si trasferì con l’intera famiglia.
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