Eluana Englaro
- Scritto da Dott.Antonio Stiscia
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VERGOGNA!
In queste ore di dolorosa sofferenza per la morte di Eluana Englaro,per la prima volta mi sono sentito offeso come uomo e come cittadino.
Da oggi sono meno libero,anzi sono più che mai convinto che lo Stato ha intrapreso una strada pericolosa, e contravvenendo alle regole costituzionali e democratiche ha consentito ad una sparuta minoranza ideologizzata di condizionare l’esistenza di un popolo,di una civiltà che da secoli illumina il mondo. In questa insana voglia di giustificare la diversità(legittima quando naturale),abbiamo perduto di vista l’etica.La morte di Eluana è una ferita aperta,come lo stupro,la violenza ai minori e alle donne,la corruzione e il riciclaggio,le mafie e l’arrivismo, che si alimentano con
Giuseppe Cristino e la guerra civile spagnola
- Scritto da Angelo Siciliano
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Di tutti i popoli, di tutte le razze, veniste a noi come fratelli, figli della Spagna immortale, e nei giorni più duri della nostra guerra, quando la capitale della Repubblica spagnola era minacciata, foste voi, valorosi compagni delle Brigate Internazionali, che contribuiste a salvarla con il vostro entusiasmo combattivo, il vostro eroismo e il vostro spirito di sacrificio”. Dolores Ibarruri, la “pasionaria” della guerra di Spagna, in questo modo ringraziò i volontari che formavano le Brigate Internazionali. Ma le parole pronunciate dalla rivoluzionaria spagnola erano un grido di dolore, nel ricordo delle migliaia di caduti che avevano contrastato la sanguinosa avanzata del generale Francisco Franco.
Sulla terra di Spagna, lottando per la libertà, fu versato anche sangue irpino: Giuseppe Cristino, un giovane di Montecalvo si arruolò volontario nelle Brigate Internazionali, ma la sua voglia di giustizia gli riservò un atroce destino.
Nel campo di concentramento di Saragozza, una epidemia di tifo stroncò la sua esistenza terrena.
Correva l’anno 1941.
Notizie sulla famiglia Cucchi del Prof. Alberto De Lillo
- Scritto da Prof.Alberto De Lillo
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Il capostipite si chiamava Beniamino, ma al suo arrivo a Montecalvo, agli inizi del 1900, fu subito chiamato Don Beniamino Cucchi. Egli era Amministratore Delegato di una società immobiliare milanese, proprietaria dell’antico feudo di Corsano. Fu mandato a Montecalvo per curare ed amministrare le proprietà terriere della società. Dopo la prima guerra mondiale la società immobiliare di cui Don Beniamino Cucchi era amministratore delegato, fallì e gran parte dei terreni di Corsano furono venduti ai coloni che li conducevano in fitto o a mezzadria. Altri andarono in proprietà allo stesso Don Beniamino. Agli inizi del suo mandato abitava con la moglie, Emma, ed i figli nell’antico castello di Corsano, ma dopo il terremoto del 1930, crollata gran parte del castello, fece costruire, nelle sue vicinanze, delle basse abitazioni con pertinenze agricole e lì si trasferì con l’intera famiglia.
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Giuseppe e Pietro Cristino nella terra del silenzio
- Scritto da Angelo Siciliano
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Il figlio, partigiano, |
Parlare di Giuseppe e Pietro Cristino, oggi, nell’epoca del crollo delle ideologie, dopo l’implosione dei regimi totalitari dell’Est europeo, ma anche di guerre sanguinose – basti pensare a quella del Golfo Persico e all’altra tra le nazioni dell’ex Iugoslavia – che sicuramente hanno trovato una concausa nel crollo del Muro di Berlino del 1989, che ha segnato la fine della guerra fredda e dei blocchi contrapposti, guidati dalla fine della seconda guerra mondiale rispettivamente da USA ed URSS, potrebbe anche significare andare ad indagare fatti, persone e vicende del Novecento, la cui storia, oltre che non sempre ripercorsa e chiarita adeguatamente e a sufficienza, ci appare distante anni luce. E proprio tale distanza consente che tanti personaggi di primo piano, che hanno fatto la storia civile e sociale del nostro paese, possano essere spesso posti in discussione per le scelte politiche fatte e per il loro operato nel secondo dopoguerra, in quanto hanno contribuito, seppure indirettamente, a quel sistema politico nazionale bloccato, rimasto senza alternativa. Si è parlato e si parla anche di democrazia incompiuta. La realtà è che per più di quaranta anni ci hanno governato più o meno le stesse persone, realizzando – caso unico tra i paesi occidentali – una sorta di “dittatura” in democrazia, che ha determinato conseguenze assai gravi: invecchiamento e inefficienza delle Istituzioni pubbliche; alcuni fenomeni gravi di collusione tra politica e criminalità organizzata; intere regioni alla mercé di mafia, ‘ndrangheta o camorra che insanguinano il Sud sostituendosi allo Stato come se questo avesse rinunciato alle proprie funzioni; malcostume diffuso della pratica del pizzo e della bustarella per cui, sempre più spesso, la cronaca nera è ricca di casi di burocrati e amministratori locali divenuti essi stessi, in prima persona, i gestori del malaffare. |
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Guerra d'Africa - L'eroicità del Ten. Vincenzo Lo Casale
- Scritto da Amministratore
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COMBATTIMENTI DI SEROBETÌ E DI AGORDAT PRESA DI CASSALA
Il 21 Novembre 1888, con il grado di Tenente del 1° reggimento Cacciatori del corpo speciale d'Africa, partiva per la campagna d'Africa il nostro concittadino Vincenzo Lo Casale. Nato a Montecalvo Irpino il 12 ottobre 1856 da Luigi e da Sanità Diomira, aveva preso in moglie, l'8 marzo 1897, la Signora Clelia Zanetti.
In Africa, prese parte alle campagne del 1888 -89 - 90, distinguendosi per eroicità e valorosità. Il 4 febbraio 1894, veniva decorato con la medaglia di bronzo al valor militare per il combattimento di Agordat, dove si distinse per impeto e coraggio,quando verso la metà del dicembre del 1893 circa diecimila Dervisci mossero da Cassala verso Agordat e giunsero in vista di quel forte il 21 di quel mese, fermandosi tra i villaggi di Algheden e Sabderat. A fronteggiarli corse il colonnello ARIMONDI, governatore interinale della colonia in assenza del generale BARATIERI allora in Italia; aveva a sua disposizione il battaglione Fadda, il battaglione Galliano, lo squadrone Asmara (cap. FLAMORIN), lo squadrone Cheren (cap. CARCHIDIO), la batteria Ciccodicola, la batteria Bianchini e la banda del Barca del tenente MIANI; in complesso 42 ufficiali, 32 uomini di truppa italiana, 2106 ascari, 213 cavalli e 8 cannoni, oltre la compagnia Persico con le bande dell'Acchelè-Guzai, in marcia verso Agordat. Comandante in seconda era il ten. col. CORTESE. Verso il mezzogiorno del 21
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